Il ricordo del prof. Benedetto de Bernard: preside di Farmacia, fondatore e preside di Medicina e Chirurgia

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Data pubblicazione
Pubblicato il: 
23/08/2021

 Il Prof. Benedetto de Bernard accanto al Premio Nobel Rita Levi-Montalcini

 

Benedetto de Bernard, uno dei maestri della biochimica italianasi è spento lo scorso 17 agosto a Padova, dove si era ritirato da molti anni.

Classe 1925, originario di Conegliano Veneto, in provincia di Treviso, legò indissolubilmente la sua luminosa carriera di scienziato all’Università di Trieste, di cui era professore emerito dal 1996. Presso l’ateneo giuliano in cui introdusse nel 1958 gli studi di biochimica. Fu Preside della Facoltà di Farmacia (1962-67) e, in qualità di componente del Comitato Ordinatore (1965-1966), fu tra i fondatori della Facoltà di Medicina e Chirurgia, che guidò in qualità di Preside dal 1971 al 1974.

È ricordato anche come promotore delle lauree honoris causa ai Premi Nobel Carl Ferdinand Cori (1966) e Rita Levi-Montalcini (1991), che propose per celebrare rispettivamente le prime Lauree della Facoltà di Medicina e Chirurgia e in occasione del 25° anniversario della sua istituzione.

Tra i riconoscimenti di cui fu insignito nel corso della sua vita, Benedetto de Bernard fu Medaglia d’oro ai benemeriti della Scuola, della Cultura e dell’Arte nel 1986; l’impegno civile lo condusse a sostenere in qualità di  co-fondatore e Segretario generale prima, e successivamente Emerito, l’International Council of Human Duties (1993), con la presidenza di Rita Levi-Montalcini.


 

IL RICORDO DEL PROF. GIANFRANCO SINAGRA (DSM)

«"...dobbiamo preparare un medico dotato di flessibile intelligenza, abituato a risolvere problemi e a mantenere una visione integrata dell’essere umano.….Lo studente quindi deve essere soggetto attivo nel processo dell’apprendimento...Chi dovrebbe insegnare? Chi ha una attitudine a porre e trattare problemi e dispone di principi organizzativi che permettono di collegare le cognizioni e dare loro un senso. Deve essere chiamato ad insegnare: a) chi è innamorato della sua disciplina e b) chi ha l’umiltà e il desiderio di trasmettere ad altri questa passione".

Così Benedetto De Bernard si esprimeva nel 2006 sull’essere studente e docente. L’ho conosciuto nel 1987. Bella sintesi di cultura vasta, carisma, eleganza, leadership riconosciuta. Profondo conoscitore delle dinamiche, strategie, consuetudini e regole del mondo accademico. Lo si poteva sentir parlare (e correlare) a livello altissimo di biochimica, struttura dell’osso, arte, musica e proiezione della scienza nel futuro. Ad oltre 30 anni accademici dalla sua quiescenza gli occhi degli ex allievi brillano tuttora d’affetto e ammirazione. Credeva profondamente in una Università centrata sui bisogni degli studenti. Rimasi affascinato da un suo confronto serrato con Sergio Nordio sulla didattica pensata per l’apprendimento e non per l’insegnamento, la complessità in medicina e la necessità di contrastare il rischio di frammentazione e compartimentazione dei saperi, perdendo di vista l’unitarietà del malato».

 

IL RICORDO DEL PROF. GIAN LUIGI SOTTOCASA
«Sì è vero: per gli studenti di Medicina la chimica non è una disciplina ma uno stato d’animo. Questo però non è vero per tutti. Ho incontrato il Prof. Benedetto de Bernard nel 1954. Egli era un giovane laureato in Medicina e Chirurgia, iscritto al corso di Laurea in Chimica. Io ero studente di Medicina da sempre innamorato della Chimica. Nel corso delle esercitazioni che ci teneva nella sua qualità di assistente alla cattedra di Chimica Biologica, abbiamo avuto modo di dissentire sulla struttura del tiosolfato sodico.

Mezzo secolo dopo, nel 2003 a S. Daniele del Friuli, alla Riunione Annuale del Gruppo Italiano di Bioenergetica, si celebrava il mio 70° compleanno. In quell’occasione prese la parola anche Benedetto de Bernard e ricordò questo dissenso: lo fece con parole che mi commuovono ancora, e non solo perché si riferivano a me ma perché parlavano di come ci si deve rapportare con i discenti, come bisogna ascoltarli e che cosa dobbiamo, innanzi tutto, imparare da quel rapporto.

Evidentemente, questo dissenso era stato determinante nelle nostre vite. Colpisce la scala dei tempi: si parla di una vita, molto lunga vita, in cui abbiamo camminato insieme. Una settantina di anni. I livelli di interazione sono stati diversissimi. Quelli istituzionali sono parte della storia del nostro ateneo quelli scientifici sono altrettanto noti. A livello personale e famigliare si è venuta creando una cosa che si può definire solo come una grande amicizia. Una rete di interazioni che coinvolgono anche un gran numero di altre persone. Abbiamo condiviso la passione per la didattica; abbiamo, insieme, studiato ed attuato nuove strategie di insegnamento. Su tutto ci siamo sempre confrontati ed abbiamo continuato a farlo, anche se solo per telefono, fino al 2 giugno scorso, data del suo 96° compleanno.

Benedetto per me era come un fratello, eravamo diversissimi ma parlavamo la stessa lingua: mi mancherà moltissimo».


 

Link all'articolo integrale pubblicato sul sito dell'ateneo.

Ultimo aggiornamento: 23-08-2021 - 11:11
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